Gennaio 202016
 

E’ morto Ettore Scola, l’ultimo grande maestro della commedia italiana. Aveva 84 anni. Il grande regista si è spento del reparto di cardiochirurgia del Policlinico di Roma.

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Con il suo cinema ha raccontato l’Italia che si riscattava dal fascismo e cercava di dimenticare la guerra, con un linguaggio profondo ma lieve ha saputo tratteggiare tutti i tipi di italiani, dagli intellettuali di sinistra ai commercianti che si fanno concorrenza. Protagonista, prima come sceneggiatore e poi da regista, di alcune delle più belle pagine del cinema italiano, Ettore Scola era nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931.

La sua carriera era iniziata nel campo del giornalismo con la collaborazione alla rivista umoristica Marc’Aurelio e con quelli che poi lui chiamerà “scarabocchi, cui si era dedicato fin da giovane, contemporaneamente al corso di Giurisprudenza a Roma. Poi dalla metà degli anni ’50 cominciò a scrivere sceneggiature collaborando con Age e Scarpelli, per film come Un americano a Roma (1954), La grande Guerra (1959) e Crimen (1960). L’esordio alla regia è nel 1964 con il film Se permette parliamo di donne con Vittorio Gassman, che insieme a Nino Manfredi e Marcello Mastroianni, sarà uno degli attori preferiti da Scola.

Con Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca(1970) Scola entra nel decennio più importante della sua carriera. Nel 1974 dirige C’eravamo tanto amati, film che ripercorre un trentennio di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli). Il film è un capolavoro che lo consacra definitivamente tra i grandi del cinema italiano regalandogli anche la fama internazionale. Seguono altri titoli imprescindibili quali Brutti, sporchi e cattivi (1976), con cui vinse il premio per la regia a Cannes, e Una giornata particolare (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, forse la pellicola di Scola più acclamata anche all’estero. Nel 1980 il regista gira La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Emblema degli anni ’80 di Scola è il film La famiglia (1987), commedia che ripercorre 80 anni di storia (1906-1986) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant.

Con il film Concorrenza sleale, ambientato durante il Fascismo, e il documentario dedicato a Roma, Ettore Scola aveva detto di aver concluso la sua attivià di regista. In realtà poi negli ultimi anni aveva realizzato due documentari, uno deidicato a Roma,Gente di Roma, e un altro sul suo grande amico con il quale aveva lavorato fin dai tempi del Marc’Aurelio, Che strano chiamarsi Federico.
Ettore Scola era sposato con la sceneggiatrice e regista Gigliola Scola. Insieme alle sue due figlie Paola e Silvia aveva presentato a novembre alla Festa di Roma il documentario che raccontava la sua vita e la sua carriera, Ridendo e scherzando. In quell’occasione aveva detto: “Il cinema è un lavoro duro ma si può ridendo e scherzando mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazione sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita”.

Gennaio 192016
 

Forse lo parlate o forse no, ma senz’altro ha prestato parole ed espressioni al vostro vocabolario e conoscete parecchie persone che lo usano a volontà. Sì, mi riferisco al dialetto, una delle tante ricchezze della lingua italiana di cui il 17 gennaio si celebra la giornata nazionale. Linguaenauti ha colto l’occasione e, semplificando semplificando, ha messo insieme qualche curiosità sui dialetti dello stivale.

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Partiamo con alcuni dati: l’ultimo rapporto Istat sull’uso del dialetto è stato pubblicato alla fine del 2014 (dati raccolti nel 2012). Il 53,1% del campione tra i 18 e i 74 anni parla italiano in famiglia, mentre l’uso prevalente del dialetto riguarda il 9% della popolazione (le percentuali scendono con gli amici e crollano con gli estranei). Le donne mostrano una maggiore propensione a parlare in italiano in famiglia (55,2% a fronte del 51% degli uomini) e con gli amici (60,9% contro il 51,7% degli uomini). L’uso prevalente o esclusivo dell’italiano in famiglia è più diffuso al Centro e nel Nordovest (69,5%) rispetto al 38,8% dei residenti nel Nordest, Sud e isole.
Sfatiamo qualche convinzione

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È ancora diffusa l’idea che i dialetti siano una “corruzione” dell’italiano, ma non è affatto così: sono la normale evoluzione della lingua parlata localmente, che deriva in prevalenza dal latino (ma anche da dialetti tedeschi al nord e dal greco e albanese al sud) con l’influenza delle lingue precedenti (i sostrati) o arrivate successivamente con le conquiste militari, i movimenti migratori e così via. L’italiano standard si è evoluto a partire dal toscano. Perché proprio il toscano? È presto detto: grazie al prestigio e al successo di autori in volgare come Dante, Boccaccio e Petrarca (come sappiamo, anche il milanese Manzoni andò a sciacquare i panni in Arno secoli dopo). Dopo l’Unità d’Italia questa lingua principalmente letteraria parlata da una piccola percentuale della popolazione si diffuse grazie all’istruzione obbligatoria e, soprattutto, alla televisione. Insomma, pensate: se Jacopone da Todi avesse avuto più fortuna oggi ben altro italiano risuonerebbe nella penisola!

Lingue o dialetti?

La diatriba sulla definizione di lingua e dialetto è lunga e tortuosa e in Italia diventa particolarmente complicata per la grande varietà di parlate locali, alcune con una lunga tradizione letteraria o politica. Il governo italiano riconosce ufficialmente come lingue il sardo, il friulano e il ladino, mentre l’UNESCO riconosce anche il napoletano e il siciliano. Il dibattito tra tutela del patrimonio culturale e la normale evoluzione delle lingue è ancora lungo.

Quali dialetti si parlano in Italia?
È molto difficile tracciare confini netti per i dialetti italiani, dal momento che la varietà è talmente vasta da non consentire l’individuazione di ampi fasci di isoglosse, ovvero zone geografiche che condividono gli stessi tratti morfologici, fonetici o lessicali. Detto più semplicemente, in Italia anche paesini confinanti presentano dialetti con differenze molto marcate.

francescopetrarca_250x286Tuttavia è possibile individuare delle macroaree secondo alcune caratteristiche peculiari che permettono di raggruppare un buon numero di dialetti, di cui mi limito a segnalare solo alcuni tratti fonetici che senz’altro riconoscerete. La prima è la linea La Spezia-Rimini e delimita i dialetti settentrionali, che presentano l’indebolimento delle consonanti intervocaliche (ad esempio la semplificazioni delle doppie), la caduta delle vocali atone finali eccetto la a e l’assibilazione, o trasformazione in s, di consonanti palatali come la c. Insomma, il buon vecchio gióso de vin (dove “goccio” naturalmente è una metonimia per “bicchiere colmo”!).

dante_alighieri_2La linea Roma-Ancona separa la macroarea toscana da quella centro- meridionale, che va da Lazio, Umbria e Marche fino a Puglia e Calabria settentrionali. Come abbiamo detto, dal toscano deriva l’italiano standard, ma le differenze ci sono eccome. La principale consiste nella cosiddetta gorgia toscana, ovvero l’aspirazione di k, t, p (Mihela è nel phratho). L’area centro-meridionale invece si caratterizza per la vocale finale indistinta ə (quant’è bellə!), per la sonorizzazione delle occlusive dopo nasale, come dente > dende e per l’affricazione della s (un conziglio).

canzoniereI dialetti meridionali estremi vanno dal Salento alla Calabria centro-meridionale fino alla Sicilia e anche in questo caso i tratti comuni sono tanti e interessanti, come la distinzione tra o e u latine finali (focu meu! è l’Oh my God! della Calabria meridionale) o i suoni detti cacuminali, curiosamente presenti anche nelle lingue indiane e scandinave: l’affettuoso appellativo bedda mia ha proprio questo suono occlusivo retroflesso sonoro.

Gennaio 192016
 

LaStampa.it

L’italiano non sarà più discriminato nei concorsi dell’Unione europea per la selezione del personale delle Istituzioni. Dopo una lunga battaglia legale e una serie di ricorsi presentati dall’Italia – che ha fatto fronte comune con la Spagna – a partire dalla prossima primavera non saranno più inglese, francese e tedesco a farla da padroni.

La notizia arriva con la risposta della vicepresidente della Commissione Ue Kristalina Georgieva a una interrogazione presentata dal vicepresidente dell’Europarlamento Antonio Tajani insieme al collega spagnolo Luis Ramon Valcarcel dopo le sentenze della Corte di giustizia europea che avevano dato ragione a Italia e Spagna sulla discriminazione delle lingue nazionali.

«La Commissione ritiene che sia possibile migliorare alcuni elementi delle attuali norme generali relative all’uso delle lingue nei concorsi gestiti dall’Epso (Ufficio europeo di selezione del personale) alla luce delle sentenze», ha affermato Georgieva, ricordando che «in quest’ottica, l’Epso sta attualmente rivedendo le disposizioni generali relative ai concorsi».

«Battaglia vinta, la lingua italiana non verrà più discriminata nei concorsi Ue», ha dichiarato Tajani, dopo la risposta di Georgieva che, da parte sua, ha garantito che «l’Epso si adopererà per garantire sia il pieno rispetto del principio di non discriminazione che un funzionamento adeguato e corretto dell’amministrazione dell’Ue in presenza di 24 lingue ufficiali».

Con una sentenza del 24 settembre scorso, la Corte di giustizia aveva annullato tre concorsi organizzati da Epso a causa del fatto che la lingua era stata ridotta alla rosa tedesco-inglese-francese ed era stato inoltre imposto ai candidati di scegliere la seconda lingua all’interno della stessa rosa. E il 17 dicembre Il Tribunale Ue ha annullato con tre sentenze una serie di bandi di concorso dell’Epso per aver discriminato la lingua italiana.

Già dal 2011 l’ufficio di selezione del personale Ue aveva cominciato ad adeguarsi e a pubblicare alcuni bandi di concorso e le prove di pre-selezione in tutte le lingue ufficiali dell’Ue. Ma ora ci saranno nuove regole valide sempre e per tutti. E i tempi saranno brevi: l’Ufficio di selezione del personale Ue, ha spiegato Georgieva, «intende pubblicare la procedura di selezione rivista nella primavera del 2016».

 

DEC 112015
 

Ciclo di conferenze ospitate da Bernadette DE PASCALE-DALMAS

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L"Simpatico italiano BLAGNAC-POMIGLIANO D'ARCO
Vi invita ad un ciclo di conferenze sui PITTORI ITALIANI

animate da Bernadette DE PASCALE-DALMAS

INFORMAZIONI 05 61 59 51 63 – Posta elettronica bdepascale@free.fr Ingresso gratuito

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Date 2016 – Giovedì, a 18

7 Gennaio FIRENZE, POLLAIOLO e bottega

4 Febbraio FIRENZE, VERROCCHIO e bottega

3 Marzo di CHIRICO, PITTORE METAFISICO

7 LEONARDO di Avril o il sogno di Icaro

12 Maggio MODIGLIANI, RITRATTI di donne

L'Auditorium Town Hall

Posto J-Louis Puig

31700 BLAGNAC

Ott 302015
 

http://italyamonews.com/2015/10/27/pupi-siciliani-il-capolavoro-dellumanita-finisce-allasta-b2-c1/

Pupi

27 ottobre 2015 di Paola Gagliano
La Storia dei Paladini di Francia non andrà più in scena nel “Teatro dei pupi” di Acireale. Una parte importante dell’Opera dei Pupi, riconosciuta nel 2001 patrimonio orale e materiale dell’umanità dall’Unesco, è finita, infatti, all’asta. Da tempo la sala del teatro resta vuota e così Vincenzo Abbate, imprenditore teatrale, erede e memoria storica dell’antica cooperativa “Teatro Emanuele Macri di Acireale”, ha deciso di vendere all’asta più di 100 pupi siciliani. Angelica, il Sultano Solimano, Armida, Goffredo di Buglione e il re Aladino, Il Diavolo e la Maga. E poi cavalieri e soldati saraceni, i servitori e le damigelle. Tutti preziosi pezzi storici del teatro di Acireale che, assieme a circa 330 grandi cartelloni raffiguranti scene della Chanson de Roland, sono venduti all’incanto dallo scorso 20 ottobre dalla Galleria Pananti Casa d’Aste Pananti di Firenze .