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Martedi 29 novembre 2016 18:00, Istituto Italiano di Cultura Marsiglia

La serata è presentata dal Consolato Generale d’Italia a Marsiglia, l’Istituto Italiano di Cultura e il Centro Fleg, Centro Culturale Ebreo di Marsiglia.

• Presentazione del libro Il Ghetto di Venezia 500 anni in presenza dell’autore Donatella Calabi direttrice del Comitato scientifico per i 500 anni del Ghetto di Venezia.

• Proiezione del film Il Ghetto di Venezia, 500 anni di vita di Emanuela Giordano (VOST fr – 2015 – 54’) sulla storia del più antico ghetto d’Europa.

Ghetto de Venise – 500 ans

Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò che gli ebrei di diverse contrade cittadine si trasferissero nella corte di case site in Ghetto, presso San Girolamo, una zona che prende il nome da «geto de rame», il luogo in cui venivano riversati («gettati») gli scarti della lavorazione delle fonderie presenti nella zona. Poiché una parte importante della comunità ebraica era di origini tedesche, la parola venne pronunciata sempre più spesso con una “g” dura, dando così origine a quella parola che nel corso dei secoli, e su tutti i continenti, sarebbe presto diventata sinonimo di segregazione. Nato come misura di confinamento, il Ghetto diviene in breve un luogo effervescente e cosmopolita, che accoglie gli ebrei provenienti dai luoghi più diversi, oltre a rappresentare uno dei centri di commercio fondamentali della Repubblica veneziana. La struttura architettonica delle sue case, inusuale per Venezia – con i suoi caseggiati sviluppati in altezza per far posto al numero crescente di abitanti ivi confinati -, si intreccia alla vicenda storica del luogo, centrale per l’Italia e l’Europa. Qui sorgono i banchi di pegno dai quali passerà buona parte del prestito di denaro della potenza lagunare, ma nel Ghetto non mancano le professioni liberali e la cultura, che fanno di Venezia una delle capitali indiscusse del mondo ebraico e non solo.
Il libro della Calabi, articolato per tematiche in otto grandi capitoli, approfondisce ogni aspetto di questo interessante soggetto storico, ponendosi come una delle opere più esaustive al riguardo. Dopo una prima analisi delle ragioni storiche che hanno portato alla fondazione del Ghetto, con una panoramica della condizione ebraica precedente alla sua fondazione, segue la sua storia innanzitutto urbanistica, nello specifico l’allargarsi del quartiere recintato, quando al Ghetto Nuovo si aggiunse il Ghetto Vecchio (i nomi traggono in inganno) e poi il Ghetto Nuovissimo. Questo sviluppo accompagnava l’accrescersi demografico della comunità ebraica di Venezia, quando agli ashkenaziti si sommarono i sefarditi, levantini o ponentini, elevando a quasi cinquemila – verso la metà del Seicento – il numero di israeliti abitanti in città, il 3% della popolazione totale. Successivamente si sottolinea la svolta intervenuta nel 1589, quando gli ebrei furono ufficialmente autorizzati dalla Repubblica a «tener sinagoghe, secondo l’uso loro»: le cinque sinagoghe tanto dimesse nell’aspetto esteriore quanto trionfanti, all’interno, per i giochi di luce e le decorazioni.
A partire dal quarto capitolo, l’autrice analizza i mestieri privilegiati che potevano svolgere gli ebrei, in deroga al regolamento imposto alla loro comunità, soffermandosi anche sulla vita religiosa e “civile” degli abitanti del Ghetto.
Gli ultimi due capitoli, infine, raccontano la fine della “segregazione” e l’apertura delle porte del “recinto”, un altro termine che veniva adoperato. Come per altre comunità ebraiche degli antichi Stati italiani, così per la comunità di Venezia la fine dell’isolamento avvenne per tappe, con fughe in avanti e marce indietro, nei decenni compresi tra l’epopea di Napoleone e l’epopea del Risorgimento. Durante la Restaurazione, il governo austriaco riconobbe agli ebrei la possibilità di accedere alla proprietà immobiliare. Banchieri come gli Errera o i Levi poterono dunque muovere alla conquista di prestigiosi palazzi sul Canal Grande, mentre la declinante popolazione del Ghetto cercava di conservare le sue antiche abitudini, per evitare che la fine delle interdizioni coincidesse con la fine delle tradizioni.
Quello che emerge, in particolare, da questo saggio è che il Ghetto, pur diventato un termine indicante per antonomasia separazione ed esclusione, in realtà si è rivelato un importante veicolo di cultura, commercio e integrazione delle diverse comunità, nel contesto della città di Venezia, ma non solo.

Istituto Italiano di Cultura Marsiglia @Istituto Italiano di Cultura Marsiglia Marseille

http://www.iicmarsiglia.esteri.it/…/omaggio-per-i-500-anni-…

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