Le groupe CANAL+ a mis la main sur la série italienne » L’amie prodigieuse« , tirée des romans d’ElenaFerrante. Quatre saisons sont prévues avec huit épisodes réalisés par Saverio Costanzo. Le scénario de la série a été écrit par Francesco Piccoli et Laura Paolucci, (respectivement scénariste d’ Habemus Papam et productrice déléguée du film Gomorra). Ils ont également travaillé avec la secrète et discrète écrivaine, Elena Ferrante elle-même…
Le dernier Elena Ferrante, traduit par Elsa Damien, vous attend au rayon littérature de la Librairie Privat- Collection du Monde entier chez Gallimard –
La ville de Rome vient de réhabiliter le poète latin Ovide en révoquant officiellement la «relégation» décidée par l’empereur Auguste en l’an 8 ! Dopo oltre duemila anni dall’esilio da Roma, voluto dall’imperatore Augusto, la città di Roma riabilita il poeta latino Publio Ovidio Nasone con la revoca ufficiale della “relegatio”. En attendant de rencontrer
Jean-Luc Lévrier, à la Librairie Ombres Blanches, Mardi 13 février 2018 de 18H00 à 20H00, pour la présentation de sa traduction inédite: « Tristesse d’Ovide » publiée chez Sables Editions, parcourez :
– son blog: http://ovidii-amici.blogspot.fr/ – sa page FB: Les amis d’Ovide
Jean-Luc Lévrier est professeur de lettres classiques en classes préparatoires aux grandes écoles au Lycée Saint Sernin à Toulouse!
Nel bimillenario della sua morte, il poeta romano trova la riabilitazione e la revoca delle sue condanne grazie al riconoscimento dei suoi concittadini e del Comune di Roma.
Esattamente duemila anni fa, in una data non meglio precisata dalle fonti, il poeta Publio Ovidio Nasone moriva, solo e afflitto, a Tomi (attuale Costanza, in Romania) all’epoca un villaggio portuale sulle rive del Mar Nero, in quelle terre che i Romani chiamavano Ponto. Lui, cantore disilluso di un amore disincarnato e disincantato, fine esteta, cantore delle Metamorfosi e dei Fasti, si ritrovò a morire esule, in un piccolo centro, lontanissimo dalla natia Sulmona, circondato (stando alla sua stessa testimonianza) da rozzi barbari che non comprendevano neanche una parola del suo latino. Ovidio, relegato nell’angolo più remoto del neonato Impero Romano, non poté che ripensare con rammarico ai grandi amori cantati nei suoi carmi, ai consigli di seduzione che aveva offerto ai giovani romani nell’Ars Amatoria e agli unguenti profumati che aveva consigliato alle donne patrizie per corteggiare i rampolli delle più nobili famiglie nei Medicamina faciei feminae. Ma soprattutto Ovidio, durante la stesura dei Tristia, quei versi che raccolgono i suoi lamenti nostalgici e descrivono la sua triste condizione nel Ponto, ripensò alla bella vita che fu, quando a Roma vantava di poter essere uno dei fiori all’occhiello dei Circoli di Messalla Corvino e di Gaio Clinio Mecenate, le più prestigiose élite culturali del Principato Augusteo.
Ma per quale motivo Ovidio, illustre poeta, cadde in uno stato di disgrazia così atroce? La risposta sembra offrircela lui stesso, proprio nei Tristia:
“Perdiderint cum me duo crimina, carmen et error alterius facti culpa silenda mihi.”
“Due crimini mi hanno condannato; un carme e un errore: di questo dovrò tacere quale sia stata la mia colpa.”
(Ovidio, Tristia 2, 1,vv.207-208.)
A cosa si riferisce Ovidio, in questi due versi carichi di umanità e pregni di sincero dolore?
Il poeta stesso sembra rimanere criptico ed ermetico a riguardo: come accade molto spesso, quando le fonti mantengono il silenzio, sono gli storici a doversi dar da fare per ricostruire il tutto nel modo più verosimile possibile. Tutto ciò che noi sappiamo, se escludiamo questi versi, è che fu il princeps Ottaviano Augusto in persona a provvedere all’esilio. Alla base della condanna, ne deduciamo, ci fu sicuramente un dissapore molto serio tra il poeta e l’Imperatore, uno screzio talmente grave da non poter permettere ad Augusto di optare per una pena più leggera: nel cacciare Ovidio da Roma e dai confini Italici, Ottaviano scelse la relegatio ad insulam, un esilio che, a differenza della deportatio, prevedeva solo l’allontanamento dell’individuo, senza che tuttavia egli perdesse la cittadinanza romana e le sue proprietà.
Il carme di cui parla il poeta è molto probabilmente l’Ars Amatoria, il poemetto in tre libri che forniva agli uomini e alle donne di tutta Roma i consigli più raffinati per “rimorchiare”. Nulla esclude tuttavia che il carme a cui accenna Ovidio stesso non siano in realtà i tre libri degli Amores, nei quali Ovidio si vantava delle sue avventure piccanti tra un’amante e l’altra. In ogni caso, la letteratura di Ovidio, nonostante avesse riscosso un certo successo e attirato il plauso del pubblico aristocratico romano, risultò scabrosa, oscena: prevedeva una visione dell’amore spensierata e superficiale, sdoganava il tradimento e l’infedeltà coniugale (quasi giustificandoli) e sembrava esaltare solo gli aspetti più carnali, più erotici dell’amore: tutto questo era inaccettabile agli occhi di un Augusto sempre più intenzionato a varare una politica volta a tutelare i valori morali della famiglia, emanando leggi che punissero l’adulterio e lo stupro e sanzionando con pene pecuniarie gli scapoli (oggi diremmo “i single”) che raggiunta una certa età non si fossero ancora sposati (la cosiddetta “tassa sul celibato” a cui si ispirò anche Mussolini). Seppur vero che la visione letteraria ovidiana strideva con la propaganda morale augustea, possiamo dire che questo carme bastò, da solo, a far infliggere su Ovidio una pena così tremenda? Qui entra in gioco l’errore, forse il motivo più autentico per cui il poeta di Sulmona si guadagnò l’esilio nel Ponto: l’ipotesi più probabile è che Ovidio fosse uno dei tanti amanti con cui Giulia Maggiore, figlia di Augusto, aveva intrattenuto una relazione clandestina alle spalle del marito Tiberio (in barba alle leggi morali emanate dal padre). Plausibile è anche la teoria secondo la quale Ovidio avesse coperto e favorito la relazione adulterina tra Giulia Minore, nipote dell’Imperatore e moglie del console Lucio Emilio Paolo, e Giulio Decimo Siliano. Oltre a questi due “scandali a luci rosse”, come li definiremmo oggi, non sono da escludere anche altre numerose supposizioni avanzate dagli storici in merito al famoso “error” di cui parla Ovidio nei Tristia: secondo alcuni Ovidio era coinvolto in una congiura ai danni di Augusto, mentre secondo altri era venuto a conoscenza di dettagli privati del princeps e della moglie Livia.
Quel che è certo è che gli ultimi nove anni di vita Ovidio li trascorse lontano da Roma e dalla sua Sulmona: relegato nel Ponto nell’8 d.C., nonostante le dozzine di lettere di scuse e di suppliche inviate ad Augusto, il poeta non riuscì mai a tornare in patria, morendo da solo, lontano da casa, nel 17 d.C. La sua unica consolazione, durante il confinamento nella terra barbara, rimarrà la letteratura; durante l’esilio infatti, Ovidio scriverà, oltre ai Tristia e alle lettere destinate ai suoi familiari e all’Imperatore, tre brevi poemetti (Ibis, Phaenomena e Haieleutica) che non godranno però della stessa fortuna che già vantarono l’Ars Amatoria e le Metamorfosi.
La città di Sulmona è, praticamente da sempre, affettuosamente legata alla figura di Ovidio, a cui sono dedicate vie, piazze, ristoranti, statue, scuole, bar e addirittura un certamen, una gara di traduzione nella quale gli studenti del Liceo Classico si confrontano in una sfida a colpi di vocabolario in una traduzione di passi scelti delle opere del poeta. Nel bimillenario della sua morte, la città abruzzese non poteva esimersi dal conferire i dovuti omaggi a quello che senza dubbio è il suo più illustre cittadino: con precisione certosina e grazie a un lauto finanziamento europeo, il comune di Sulmona ha allestito un ricco programma di eventi di rilevanza nazionale e internazionale. Il Bimillenario Ovidiano racchiude le migliori proposte scientifiche e culturali, incentrate nello specifico della produzione ovidiana. Letteratura, arte, musica, cinema, teatro, enogastronomia, editoria, mostre, musica, fotografia, convegni. Tanti gli aspetti di varia natura inseriti in una serie di iniziative che valorizzano luoghi, eccellenze, beni materiali e immateriali da sempre cari al poeta latino.
Ma tra le proposte più affascinanti, spicca quella della revoca della relegatio: Ovidio, dopo due millenni, sarebbe finalmente assolto dalle sue colpe. Infatti l’assise civica capitolina si prepara a revocare il decreto emesso dall’imperatore Augusto nell’ormai lontanissimo primo secolo dopo Cristo. Il Comune di Roma ha deciso in questo modo di omaggiare il poeta sulmonese nell’anno del Bimillenario dalla morte. La proposta di “liberare” Ovidio dall’esilio era stata già avanzata in passato al Rotary Club di Sulmona, dal professore Giuseppe Martocchia, docente di Lettere nel Liceo Classico Ovidio (appunto) dal professore Raffaele Giannantonio e dalla professoressa Palma Crea Cappuccilli, anche lei docente nel Liceo Classico Ovidio. Nel 2012 anche il Consiglio comunale di Sulmona deliberò all’unanimità la richiesta di revoca della condanna di Ovidio, inviando la delibera al Consiglio comunale capitolino, che ha deciso di iniziare un lungo processo burocratico che avrà come fine la revoca della relegatio del poeta sulmonese… in un’occasione non casuale!
Ma come possono il comune di Sulmona e l’assemblea giudiziale del Comune di Roma porsi al di sopra di una sentenza emanata dallo stesso Augusto? Semplice: bisogna dimostrare l’invalidità della condanna. In primo luogo, qualora l’accusa che verte su Ovidio sia quella di aver partecipato alla congiura ordita contro Augusto, si potrebbe allora accusare l’Imperatore di non aver esplicitato mai la motivazione della sanzione inflitta al poeta: avrebbe dovuto ammettere che alla congiura avevano partecipato anche i suoi strettissimi congiunti. Se veramente Ovidio avesse partecipato all’organizzazione di un attentato ad Augusto, avrebbe potuto mai la pena essere tanto mite? E gli altri congiurati chi sarebbero? In questo caso l’accusa si fonderebbe solo su ipotesi prive di testimonianze, che scagionerebbero Ovidio da ogni accusa. Qualora l’accusa sia invece quella di aver partecipato, direttamente o non, alle tresche amorose delle due Giulie, la pena risulterebbe illegittima, in quanto sembrerebbe che Ovidio non abbia potuto godere di un processo regolare, con tanto di difesa e accusa. Se infine la colpa del poeta sulmonese è stata quella di decantare un amore senza troppi vincoli, condannare Ovidio per questo motivo risulterebbe ridicolo: se i Romani, fregandosene delle leggi di Augusto, avevano abbandonato l’antica severità dei costumi, dandosi alla bella vita, se i matrimoni erano in calo e non si facevano più figli, di certo non era colpa di Ovidio. E soprattutto, dettaglio da non prendere sottogamba, la condanna alla relegatio, secondo il diritto romano, veniva comminata a conclusione di un processo pubblico e poi ratificata dal Senato. Nel caso di Ovidio, essendo Augusto imperatore, la decisione fu soltanto sua. Ora come ora, bisogna solo attendere che il decreto capitolino revochi ufficialmente la relegatio del poeta elegiaco latino.
Chissà se Ovidio, dopo due mila anni, non stia sussurrando dall’Oltretomba: “Meglio tardi che mai!”
Rencontre à la Librairie Ombres Blanches, mardi 16 janvier 2018 de 18H00 à 20H00, avec Jean-Yves Frétigné, maître de conférence en histoire contemporaine à l’Université de Rouen, autour de la première biographie d’Antonio Gramsci aux éditions Armand Colin.
Le débat sera animé par Philippe Foro, maître de conférence en Histoire contemporaine à l’Université Toulouse – Jean Jaurès
Jean-Yves Frétigné est spécialiste de la pensée et des idées politiques en France et en Italie. Cette vie de Gramsci est la première biographie en Français du penseur et dirigeant marxiste italien.
Antonio Gramsci(1891-1937), écrivain et théorien politique, est le membre fondateur du parti communiste italien. C’est l’un des principaux penseurs du courant marxiste. Il fut emprisonné par le régime mussolinien jusqu’à sa mort, en 1937. Très connu en Italie, il a également une renommée considérable dans le monde entier et particulièrement en France.
Contre la présentation d’un Gramsci désincarné ou célébré en héros et martyr du communisme, cet ouvrage entend restituer l’homme en chair et en os, en montrant les étapes successives de son existence de sa Sardaigne natale à la prison fasciste, en passant par ses années estudiantines à Turin et son accession à la direction du Parti communiste d’Italie. Trop souvent réduite à quelques formules incantatoires, sa pensée, désormais considérée comme faisant partie du patrimoine classique des doctrines politiques du XXe siècle, trouve, en effet, sa véritable signification et sa modernité dans le contexte dans lequel elle se déploie. Dans cette première biographie en français, Jean-Yves Frétigné restitue ainsi le parcours d’un intellectuel engagé dans le contexte de l’Italie libérale puis fasciste, voire de l’Internationale communiste. Un géant qui, contre Mussolini et Staline, défend un engagement au service d’un projet de renouveau politique adapté aux sociétés occidentales. En condamnant le fascisme et le communisme réel, sa pensée constitue, hier comme aujourd’hui, un remède et un antidote aux dérives et aux dévoiements de l’idéal révolutionnaire.
LE SITE ALTRITALIANI propose une sélection de livres à offrir à Noël. Une liste pour ceux d’entre vous qui aiment lire des auteurs italiens traduits en français. Une sélection des dernières sorties en France d’auteurs italiens de grand talent auprès de maisons d’édition françaises toujours très attentives aux nouveautés éditoriales italiennes.
Trad. de l’italien par Christophe Mileschi Traduction nouvelle / Collection Du monde entier, Gallimard Parution : 23-11-2017
«Nous sommes en 1985 : quinze ans à peine nous séparent du début d’un nouveau millénaire. Pour le moment, je n’ai pas l’impression que l’approche de cette échéance éveille la moindre émotion particulière. Quoi qu’il en soit, je ne suis pas là pour parler de futurologie, mais de littérature. Le millénaire qui s’achève a vu naître et se répandre les langues modernes de l’Occident et les littératures qui en ont exploré les possibilités expressives, et cognitives, et imaginatives. Il a aussi été celui du livre, en tant qu’il a vu l’objet-livre prendre la forme qui nous est familière. Le signe que ce millénaire est sur le point de s’achever, c’est, peut-être, la fréquence avec laquelle on s’interroge sur le sort de la littérature et du livre à l’ère technologique dite postindustrielle. Je n’ai guère envie de m’aventurer dans ce genre de prévisions. Ma confiance dans l’avenir de la littérature tient à ce que je sais qu’il est des choses que la littérature est la seule à pouvoir donner, avec ses moyens spécifiques. Je voudrais donc dédier ces conférences à quelques valeurs, ou qualités, ou spécificités de la littérature qui me tiennent particulièrement à cœur, en tâchant de les situer dans la perspective du nouveau millénaire.»
Ces «propositions pour le prochain millénaire» sont une formidable leçon de littérature, un art qui, pour le grand écrivain italien, repose sur cinq piliers : légèreté, rapidité, exactitude, visibilité, multiplicité.
Trad. de l’italien par Karine Degliame-O’Keeffe Collection Quai Voltaire, La Table Ronde Parution : 21-09-2017
Zoé Obolenskaïa appartient à la très haute noblesse russe. Mariée à un prince insipide, mère aimante de cinq enfants, la princesse se sent à l’étroit à la cour du tsar. Dans les années 1860, elle trouve enfin une excuse pour prendre le large et embarque pour l’Italie. Après un séjour à Venise, Zoé établit ses quartiers à Naples, où elle fait la connaissance d’un autre Russe en exil, Mikhaïl Bakounine, l’anarchiste qui fait trembler l’Europe. Alors que tout a l’air de séparer cette héritière richissime et ce rescapé des camps de Sibérie à la mise négligée et à la carrure d’ours, les deux se lient instantanément d’une amitié qui prend parfois l’allure d’une relation amoureuse. Conquise par les discours du révolutionnaire, la princesse embrasse peu à peu sa cause et devient l’un des piliers du mouvement anarchiste européen, finançant Bakounine et ses disciples. Lorenza Foschini reconstruit la figure complexe de celle qui inspira à Tolstoï Anna Karénine et à Henry James La Princesse Casamassima. Une histoire captivante qui reflète les conflits et les passions d’une époque.
traduit de l’italien par Fanchita Gonzalez Batlle «Littérature étrangère» Date de parution : 31-08-2017
Romains depuis plusieurs générations, les Zevi comptent parmi leurs ancêtres penseurs, avocats, scientifiques et même un rabbin! Seule fausse note dans ce concert de bienséance, Matteo, incorrigible hâbleur. Dans les années 1990, il s’est rué avec légèreté dans deux mariages successifs et une accumulation inconsidérée de dettes. Ne parvenant pas à les rembourser, il a quitté l’Italie pour Los Angeles. Seize ans plus tard, le voici de retour à Rome. Ses deux enfants l’attendent sans l’attendre, tandis que Federica, son ex-femme, essaye de recoller les morceaux en éternelle Pénélope. Le revenant, résolu à dévorer la vie par les deux bouts, se jette sans retenue dans les retrouvailles avec la Ville éternelle, qui plus que jamais conjugue beauté et délabrement. Et la vie reprend son cours léger et futile, jusqu’à l’inévitable collision avec l’Histoire.
traduit de l’italien par Nathalie Bauer Date de parution : 06-04-2017
Ça y est. À l’instant précis où il reçoit un coup de téléphone de son père, Carlo sait que le moment de vérité est arrivé. Treize ans qu’il se tient loin de lui, de ses grognements, ses débordements, ses accès de colère. Sept ans qu’il tente de se construire une vie normale, avec femme, enfants et travail régulier, loin de la mer et des embarcations sur lesquelles ils naviguaient ensemble. Et voilà que cet appel au secours vient tout chambouler : convoyer un bateau du Groenland au Canada, le long du légendaire passage du Nord-Ouest, ne peut se faire qu’à deux… Après un instant de doute, Carlo décide de remonter à bord. Pietro Grossi, avec l’expérience de ceux qui ont grandi sur la mer, nous embarque vers une «zone limite du monde qui révèle notre véritable essence.»
Gaia fait retour à Pise, dix ans après la fin de l’université. Elle retrouve ses amis et son grand amour du temps de l’université; mais sur cette rencontre inattendue pèsent les années qui se sont écoulées, la distance et la mort d’une ancienne camarade, Virginia, décédée dans des circonstances mystérieuses. Un roman d’amour et de mort loin des lieux communs, dans lequel Ilaria Gaspari donne corps à la ville de Pise dans un conte de fées sombre, poétique et symbolique et grace à un style qui dose savamment rythme et tension et une grande poésie autant dans les mots que dans les images.
Un pavé de 700 pages porté par un formidable souffle romanesque, qui nous entraîne sans répit de Rome à Venise, en passant par Mestre, de l’automne 1515 à l’été 1516. Après l’Amérique des années 20, c’est cette fois-ci la Venise de la Renaissance que l’auteur va choisir comme cadre et comme ancrage de son récit ; un récit à couper le souffle qui reprend certains motifs déjà présents dans le Gang des rêves. Des jeunes gens qui feront tout pour réaliser leurs rêves les plus fous; l’amour qui s’affranchit de tous les obstacles, même les plus insurmontables; la misère et la violence sociale en toile de fond, mais décrite toujours avec justesse et sans voyeurisme; la question, enfin, de l’identité et de l’être au monde. Pour porter l’intrigue aux multiples rebondissements, le narrateur se démultiplie, l’histoire est racontée par plusieurs personnages, dont les destins sont irrémédiablement liés : un jeune voyou, pickpocket à ses heures perdues, une jeune fille juive qui possède un talent singulier et sans limites, son père enfin, avec qui elle entretient une relation difficile mais pleine d’amour…
Traduit de l’italien par Anita Rochedy Collection : La cosmopolite Parution : 23/08/2017 Prix Strega 2017
« Quel que soit notre destin, il habite les montagnes au-dessus de nos têtes. »
Pietro est un garçon de la ville, Bruno un enfant des montagnes. Ils ont 11 ans et tout les sépare. Dès leur rencontre à Grana, au coeur du val d’Aoste, Bruno initie Pietro aux secrets de la montagne. Ensemble, ils parcourent alpages, forêts et glaciers, puisant dans cette nature sauvage les prémices de leur amitié. Vingt ans plus tard, c’est dans ces mêmes montagnes et auprès de ce même ami que Pietro tentera de se réconcilier avec son passé – et son avenir. Dans une langue pure et poétique, Paolo Cognetti mêle l’intime à l’universel et signe un grand roman d’apprentissage et de filiation.
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Giorgio Pressburger
Giorgio Pressburger s’est éteint le 5 octobre 2017. Né en 1937 dans une famille juive décimée par les nazis, il a passé son enfance et son adolescence à Budapest. En 1956, après l’insurrection contre le régime soviétique, il quitte clandestinement la Hongrie et s’exile en Italie. Il adopte la langue italienne pour écrire. Marguerite Pozzoli, directrice de la collection italienne d’Actes Sud, amie et traductrice française de Giorgio Pressburger nous conseille de l’aborder avec la lecture de Giorgio PRESSBURGER, L’Horloge de Munich, Actes sud. Hors collection ; Novembre, 2005 traduit de l’italien par Marguerite POZZOLI.
Au détour d’un vieux livre, le narrateur se découvre trois ancêtres : Marx, Heine et Mendelssohn – un révolutionnaire, un poète et un musicien. Saisi d’une sorte de vertige, le voilà plongé dans la quête de ses racines ; elle le mènera au centre de la fabuleuse Mitteleuropa, mais aussi au centre de la vie, puisque toutes les existences, même les plus modestes, forment une chaîne qui mêle aux héros célèbres des gens obscurs, mais non moins dignes d’intérêt. Dans la grande tradition hébraïque, Giorgio Pressburger nous convie à rencontrer des personnages émouvants, créatures à la dérive dans un monde à la dérive, marqué à jamais par le sceau de l’Holocauste, et par la faillite des idéologies. Voici tour à tour l’oncle François, morphinomane excentrique et désespéré, le rabbin de Cifer, qui noue avec Dieu un pacte catastrophique, ou encore l’oncle Gustave, révolutionnaire amoureux de Maupassant. Et même un chien fidèle à ses maîtres morts en déportation, et qui continue à monter la garde devant une maison vide… Mais c’est l’avant-dernière histoire, « L’horloge de Munich », qui livre le sens de l’œuvre : à travers un cadeau fait par une vieille dame à ses quatre neveux, dispersés sur divers continents, le fil de la mémoire et la lueur de l’âme, si ténue soit-elle, s’affirment envers et contre tout.
Article de Charles Tosi (adhérent et élève de L’Italie à Toulouse) –
La programmation du Festival du film italien Toulouse, depuis sa fondation, nous a donné un condensé du meilleur de la production cinématographique italienne des 10 dernières années!
Début Décembre, nous avons eu le plaisir d’assister à un festival de cinéma Italien.
Événement périodique remarquable et indispensable pour les italianophones de Toulouse, où, comme partout ailleurs en France, le cinéma Italien est rarement présent sur les écrans de la ville. Seuls les plus connus (pour ne pas dire les plus rentables) ou primés aux festivals internationaux ont droit de cité. Je me suis donc plongé comme la plupart d’entre vous je suppose, dans la découverte de titres, acteurs et metteurs en scène peu ou pas connus en Occitanie. J’aurai vu 8 films en tout. Je suis sûr que beaucoup d’entre vous en auront vu au moins autant, sinon plus que moi. Je ne vais pas me lancer sur les mérites ou qualités respectives des films que j’ai vus. Mes goûts comme les vôtres sont marqués par une culture très personnelle. Cet article ne se veut pas un ciné-club et vous aurez sans doute échangé les points de vue des uns et des autres dans les cours et ateliers que vous suivez. Non, je voudrais profiter de cette occasion pour, nostalgie oblige, remémorer en vrac ce que, pour moi, le cinéma Italien a pu représenter dans mon appréhension et ma connaissance de l’Italie. Tout comme moi, les amateurs auront surement eu accès à cet excellent ouvrage édité par RADICI – Revue d’actualité, culture et langue italiennes, qui couvre 30 ans de l’histoire contemporaine de l’Italie à travers son cinéma. Un second volume nous est promis pour Avril 2017, qui devrait couvrir le reste de la production cinématographique italienne jusqu’à des temps plus récents.
Je suis né dans une famille d’exploitants de salles de cinéma. J’ai donc passé des heures dans la chaleur des cabines de projection et dans la pénombre de salles dites obscures. Très tôt un premier choc : la découverte de « Roma città aperta ». Le premier film qui me sort du simple divertissement et où je comprends qu’on parle d’Italie, de famille, de misère et de mort.
L’Italie de l’immédiat après-guerre est un pays exsangue. Cinecittà est transformé en hospice pour réfugiés et il n’y a pratiquement plus de moyens financiers et techniques pour réaliser des films. Devant cette situation, les cinéastes font preuve d’une grande créativité. Poussés par un besoin de créer une image du cinéma qui se démarque de la période dite des « téléphones blancs » où la majorité des films s’inspiraient des comédies romantiques américaines, ils veulent créer un cinéma qui s’inspire de la réalité plutôt que de la représenter par des scénarios pré conçus. Pour cela, Rossellini, Visconti, De Sica , De Santis et autres font sortir l’instrument filmique des studios pour le mettre dans la rue. Ce mouvement très novateur s’appellera le « néoréalisme » : … courant (qui) s’attelle à mettre en scène une réalité très présente (durée réelle, décors naturels, improvisation, acteurs non-professionnels). Pour le scénariste et réalisateur Cesare Zavattini « il ne s’agit pas d’inventer une histoire qui ressemble à la réalité, mais de raconter la réalité comme si elle était une histoire ».
« Ladri di biciclette », di Vittorio De Sica – 1948
Dans le film fondateur qu’est « Roma, città aperta », Rossellini, met sa caméra dans le fourgon d’une voiture allemande dans laquelle on emmène le mari de Pina (Anna Magnani) que l’on voit être abattue par les Allemands dans sa course vers la voiture.
“Roma città aperta”, il capolavoro di Rossellini – 1945
Il invente ainsi un procédé de prise de vue qui sera notamment repris par Jean-Luc Godard dans « À bout de souffle » et par la plupart des réalisateurs de la Nouvelle Vague Française. Au-delà de la technique, c’est certainement une des scènes les plus poignantes jamais tournées. Le film en contient bien d’autres comme l’exécution du prêtre (Aldo Fabrizi) pendant que les enfants de la paroisse sifflent leur air de ralliement derrière le grillage qui encercle le champ où se déroule l’exécution. C’est aussi la consécration d’ Anna Magnani (LA Magnani !), actrice unique et symbolique « Mamma Roma » chez Pasolini.
Il faut l’avoir vue, entre autres, interpréter le monologue d’une femme amoureuse et abandonnée dans «L’Amore », adapté de Jean Cocteau par Rossellini.
Anna Magnani « L’Amore » di R. Rossellini – 1948
D’autres films de Rossellini suivront et marqueront l’Histoire du cinéma universel : « Paisà», « Stromboli », « Europe ‘51 », « Germania anno zero » et l’admirable et trop méconnu « Viaggio in Italia ».
« Viaggio in Italia » di R. Rossellini – 1954
Rossellini tourne à l’instinct, à la façon documentaire, parfois sans scénario précis, avec des acteurs souvent non professionnels. Les moyens techniques limités dont il dispose l’incitent à une composition directe et à l’improvisation. Il consacrera ensuite son art à une fonction plus didactique et documentaire. On lui doit, entre autres, le premier vrai film fait pour la télévision française en 1966 « La prise de pouvoir par Louis XIV ». Visconti au contraire va prendre un soin minutieux à la construction de ses histoires. Il va ainsi prendre plusieurs mois pour tourner son œuvre majeure « La Terra Trema » avec des pécheurs siciliens avec qui, il va développer jeu et dialogues jusqu’à la perfection.
Giuseppe De Santis, lui, nous fait découvrir une voluptueuse Silvana Mangano dans le très grand succès « Riso Amaro » que Nanni Moretti découvrira 42 ans plus tard sur un écran de télévision dans « Caro Diario ». (“Le Mambo” de Silvana Mangano dans “Anna” de Alberto Lattuada – 1951)
Silvana Mangano: « Riso amaro » di Giuseppe de Santis – 1949
Il Mambo di Silvana Mangano in « Anna » di Lattuada ripreso da Nanni Moretti in Caro Diario-1993
*Scena del “Mambo” di Silvana Mangano in « Anna » di Lattuada:
Comme tout mouvement novateur et majeur le néo-réalisme va engendrer ses propres dérivations qui vont prendre des tournures diverses mais tout aussi riches : le mélodrame et la comédie dite (un peu péjorativement) « à l’italienne ». Le mélodrame va nous faire pleurer comme des fontaines devant les drames familaux du couple mythique Amedeo Nazzari et Yvonne Sanson dans « Catene » (Le Mensonge d’une mère), « Figli di nessuno » (Fils de personne), « Torna ! » (Larmes d’Amour) ou « Tormento » (Bannie du foyer). Le genre va accumuler année après année des succès de billetterie inégalés à l’époque.
La comédie Italienne elle, va se concentrer sur une vision comique et cruelle de tous les défauts et travers comportementaux de la société. Une production très riche dans laquelle on retiendra: Dino Risi («Il Sorpasso», «I mostri») , Mario Monicelli (la série des «Totò», « L’armata Brancaleone », « I soliti ignoti», « La Grande Guerra ») et Pietro Germi (« Divorzio all’italiana »,«Sedotta e abbandonata»).
On y aura découvert une brochette d’acteurs qui sont devenus universellement connus : Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi pour ne citer que les plus célèbres. Un genre duquel on ne peut dissocier Age et Scarpelli, un couple de scénaristes qui sont tenus pour être les créateurs du genre avec « I soliti ignoti ». Avec Mario Monicelli, Dino Risi, luigi Comencini, Pietro Germi, Ettore Scola, ils ont traversé toute l’histoire du cinéma italien.
Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi : « I mostri » di Dino Risi – 1963
Même De Sica, qui aura été l’un des fondateurs du néoréalisme avec « Sciuscià », « Ladri di Biciclette » et « Umberto D », se mettra à la comédie dans la série des « Pane, amore e … » et « l’oro di Napoli». Le mélodrame et comédie italienne engrangent des recettes qui permettent de financer une grande partie de la production de l’époque.
Gina lollobrigida e Vittorio De Sica: « Pane, Amore e Gelosia » di Luigi Comencini -1954
Nous sommes alors dans ce qu’il est convenu d’appeler l’âge d’or du cinéma italien. Époque où Rome est la capitale culturelle et festive de l’Europe et où le cinéma italien est qualifié de « meilleur du monde ». Période pendant laquelle acteurs, metteurs en scène et producteurs du monde entier vont venir, attirés par « la Douceur de Vivre », mais aussi par des infrastructures performantes (Cinecittà) et des coûts de production très bas. On vient ainsi y tourner les grands péplums hollywoodiens : «Quo Vadis », « Ben Hur » et « Cleopâtre ». Rome devient « Hollywood sur le Tibre »!
Il faut se rappeler qu’en Italie on ne faisait pas de prise de son en direct et donc que tous les films étaient postsynchronisés (doublés) en studio. Ce qui pouvait être un inconvénient pour certains mais un avantage pour d’autres comme Felliniqui transformait son fameux Studio 5 (son « teatro di posa » comme il l’appelait) en un gigantesque capharnaüm dans lequel il pouvait donner libre cours à sa fantaisie créatrice. Fellini laissait ainsi le peaufinage des dialogues aux phases de montage et de doublage. Il n’était pas rare qu’il fasse réciter à ses acteurs des séquences de nombres, sans queue ni tête (25, 26, 30, 49 …) de façon à avoir à l’image des mouvements de lèvres sur lesquels il plaquait les dialogues finaux.
Fellini lui-même déclarait que c’était la phase de mise en scène (de création) qui donnait son sens à l’histoire qu’il voulait raconter et non le contraire. En cela, il a été considéré comme le « créateur d’un art total ». On en a le parfait exemple dans l’univers de « Otto e mezzo », titre qui n’en est pas un, parce que Fellini ne savait pas au départ ce qu’il pourrait raconter et qui puisse avoir un titre.
Après un début de carrière marqué par un film autobiographique (« I Vitelloni ») des fables mélodramatiques (« La Strada », « Le Notti di Cabiria ») et une parabole sarcastique (« Il Bidone »), qui ont déjà forcé la reconnaissance universelle d’un grand metteur en scène, il va se livrer à la description d’une bourgeoisie nouvelle. Bourgeoisie qui pense mener une vie d’aristocrate mais qui n’est illustrée que par une presse alimentée par des photographes avides de scandales. « La Dolce Vita » retrace ainsi les errances amères d’un journaliste en mal de vivre, à travers la vie mondaine de Rome. Recherche vaine et relativement pessimiste sur la quête du bonheur à travers le plaisir. Ce film a provoqué des polémiques et des disputes homériques sur le sens que Fellini avait voulu donner au film alors que celui-ci ne faisait que dire qu’il s’était livré à une simple observation d’un phénomène social.
« La Dolce Vita » di Federico Fellini – 1960
Fellini prend conscience de sa puissance créatrice à travers ce tournage en utilisant pour la première fois un décor en studio et en y recréant un mouvement de fourmilière qui transcendait la réalité de qu’il était censé représenter : la vie nocturne et agitée de la Via Veneto reconstituée en studio. Les tableaux successifs représentés dans ce film vont devenir de véritables icônes du cinéma mondial et ont marqué à jamais l’image de Rome où des millions de touristes se précipitent à la fontaine de Trevi en s’imaginant peut-être pouvoir rejouer les rôles de Anita Ekberg et de Marcello Mastroianni (À défaut ils achèteront sans doute un magnet souvenir).
Marcello Mastroianni e Anita Ekberg : « La Dolce Vita » di Federico Fellini – 1960
« Otto e mezzo » forme avec « La Dolce vita » qu’il suivra de peu, un sommet de l’art cinématographique. Ces deux films vont faire de Fellini le maître incontesté du cinéma italien dont l’image et l’œuvre perdurent (ne dit-on pas encore aujourd’hui d’un visage, d’une situation, d’une histoire un peu baroques qu’elles sont « Felliniennes » ?). Ces deux films vont également consacrer Marcello Mastroianni comme l’icône masculine incontestée du Cinéma italien.
Dans «8 ½», Fellini se livre à une analyse et une exposition du processus créatif qui n’ont pas d’équivalents dans l’histoire du cinéma. Il met en scène un réalisateur, (en fait lui-même au travers de Guido – Marcello Mastroianni), qui se heurte à son impuissance à démarrer la réalisation d’un film dont il cherche à la fois le sens et le déroulement.
Marcello Mastroianni: « Otto e mezzo » di Federico Fellini – 1963
Guido est confronté à ses contradictions, ses doutes, ses souvenirs et à ce processus douloureux qu’est la création artistique. Il va se chercher au travers de ses rapports avec les femmes qui peuplent sa vie (grand-mère, mère, épouse, maitresse, actrices, et admiratrices de tous âges et origines) et dans la perception des images qu’il a d’elles : de l’animalité de la Saraghina à la beauté mythique de Claudia (Claudia Cardinale) en passant par l’amour sincère de sa femme Luisa (Anouck Aimée) et par la sensualité de sa maitresse Carla (Sandra Milo). Il lui faudra se sortir du processus dépressif qui l’amène au bord du suicide artistique pour retrouver enfin l’amour de soi et des autres qui lui permet de retrouver cette énergie créatrice qui le fuyait. Le grand bazar qui régnait sur sa vie, va enfin s’ordonner dans la composition d’une parade finale majestueuse.
Claudia Cardinale: »Otto e mezzo » di Federico Fellini – 1963
Par la suite, Fellini va développer une vision plus qu’imaginée de récits autobiographiques (« Amarcord », « I Clowns », « Fellini Roma », « Intervista»), de portraits de femmes « Giulietta degli Spiriti », « La Città delle donne », mythologie et onirisme (« Satyricon ») , baroque (« Il Casanova di Federico Fellini ») . Suivent « E la nave va… » et une satire féroce de la télévision « Ginger e Fred » et enfin l’inclassable « La voce della luna ».
« E la nave va » di Federico Fellini – 1983
Visconti, après nous avoir donné des œuvres profondément néoréalistes comme « Ossessione », « La Terra Trema » et « Bellissima », va développer sa sensibilité artistique dans une œuvre très lyrique.
Clara Calamai e Massimo Girotti: « Ossessione » di Luchino Visconti – 1943
À commencer par « Senso », véritable opéra filmique (qui s’ouvre d’ailleurs sur une représentation de « Il Trovatore ») dans lequel la comtesse Serpieri (Alida Valli) court désespérément après son beau lieutenant Autrichien dans une Italie à la conquête de sa liberté.
Avant de s’attaquer au monument artistique qu’est «Il Gattopardo », sa fresque somptueuse sur le passage de l’Histoire, Visconti va retracer dans « Rocco e i suoi fratelli » l’histoire de la famille Parondi émigrée de Lucanie dans un Milan en plein développement économique. Étrange prémonition, compte tenu de l’histoire contemporaine des migrants : les habitants du quartier où va s’installer la famille, la traite « d’Africains ». Suite de tableaux poignants (le désespoir de la mère devant la déchéance de Simone et le sacrifice de Rocco), dramatiques (la mort de Nadia), nostalgiques (l’évocation de la terre natale devenue un rêve inaccessible : « Notre pays, c’est le pays des olives et des arc-en-ciel » dit Rocco, mais aussi « Notre terre elle-même devra se rendre compte que le monde change » dit Ciro à son plus jeune frère). Ce fut la révélation d’une immense actrice (Annie Giradot) et d’un acteur envahissant (Alain Delon). Dans les années soixante, Visconti nous donnera encore : « Ludwig », « La caduta degli Dei» («Les Damnés») et « Morte a Venezia ».
Auteur d’une œuvre multiple faite d’innombrables scenarii de tous les genres (dont le célèbre « Il Sorpasso » de Dino Risi), Scola va développer une œuvre d’historien (« Una giornata particolare », « Concorrenza Sleale » et « Ballando ballando »).
Jean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman: « Il sorpasso » di Dino Risi – 1962
Marcello Mastroianni e Sofia Loren: « Una giornata particolare » di Ettore Scola – 1977
Dans ces films, Scola dénonce le fascisme dans ses fondements en mettant en évidence son empreinte sur l’ambiance, les mentalités et les comportements de la société Italienne. En corollaire à cela, Scola va faire œuvre d’historien du cinéma avec « C’eravamo tanto amati », « Splendor » et « La Terrazza ».
Stefania Sandrelli e Vittorio Gasmann: « C’eravamo tanto amati » Ettore Scola – 1974
« C’eravamo tanto amati » est un film dans lequel il retrace la vie d’un groupe d’amis, ponctuée par les évènements majeurs du cinéma italien depuis les années 40 : de l’ambiance des salles populaires où on fume, on crie, on mange etc.., à l’avènement de la couleur dans le cinéma italien (passage du noir et blanc à la couleur sur la place ….) en passant par le tournage reconstitué de la scène de la fontaine de Trevi avec Fellini en personne. Il y reviendra encore, avec une biographie romancée de Fellini (« Che strano chiamarsi Federico») et un portrait de lui-même par sa famille que nous avons pu voir à Toulouse (« Ridendo e Scherzando »). Scola a aussi abordé avec succès la comédie dans son essence inspirée du néoréalisme dans « Brutti, sporchi e cattivi », une vision hilarante et percutante sur l’exclusion, la pauvreté et l’insalubrité des populations des bidonvilles romains (les « borgate »).
A côté et en complément des maîtres, il faut citer «les» cinémas de genre très italiens : le péplum (les « Maciste », et compagnie), le film d’horreur dont Mario Bava (« La Maschera del Demonio ») et Ricardo Freda (« L’orribile segreto del Dr. Hichcock ») ont été les principaux illustrateurs, le giallo (genre peu divulgué en France qui donna entre autres un « Maigret à Pigalle» interprété par Gino Cervi) et surtout (début de la décadence), « le western spaghetti ».
Alors que le western américain est passé de mode, en partie démystifié par une vision plus « réaliste » du genre par des réalisateurs comme Sam Peckinpah (« Guns in the Afternoon ») et Robert Altman (« Mc Cabe and Mrs Miller »), Sergio Leone va créer un genre d’autant plus inattendu dans le paysage cinématographique national, qu’il n’a aucun lien ni rapport d’aucune sorte avec l’Italie et son Histoire. Au début des années 60, Leone est déjà connu pour avoir été assistant réalisateur de metteurs en scène américains qui tournaient en Italie (Robert Wise pour « Helen of Troy» et Robert Aldrich pour « Sodom and Gomorrah ») et pour avoir dirigé le meilleur péplum national de l’époque : « Il colosso di Rodi». Il va tout simplement intégrer dans une espèce de « métalangage westernien » et une production aux coûts très réduits, tous les clichés visuels et sonores des westerns classiques : gueules filmées en très gros plans, duels interminables, bruitages, etc… Tout un ensemble d’images et sons réunis dans une imagerie aux scénarii plus que simplistes. Pour faire passer l’ensemble, il invite des acteurs américains en panne de carrière (Eli Wallach, Charles Bronson, Clint Eastwood), des seconds rôles de légende (Lee Van Cleef, Jack Elam, Leo Gordon…) et invente de pseudo acteurs américains : en matière de western, des noms comme « Bob Robertson », « Bud Spencer » et « Terence Hill » sont plus vendeurs que « Sergio Leone », « Carlo Pedersoli » et « Mario Girotti ». Tout cela n’aurait été qu’une bouillie sans nom, sans l’alchimie de deux visions artistiques essentielles : le sens de la plastique du metteur en scène et celui de la composition musicale d’Ennio Morricone. Aujourd’hui encore, on se souvient à peine du contenu de ces films mais la seule écoute de 2 ou 3 notes jouées sur un harmonica vous les font instantanément remettre en mémoire. Pour le plaisir, il faut écouter la compilation des compositions d’Ennio Morricone (qui vont bien au-delà des westerns spaghettis) par le renommé violoncelliste japonais Yo-Yo Ma.
Clint Eastwood: il Biondo, Eli Wallach: Tuco Ramírez, Lee Van Cleef:Sentenza in « Il Buono, il Brutto, il Cattivo » di Sergio Leone – 1966
Finalement le seul vrai bon film de Leone restera celui dont la gestation lui aura pris 30 ans « C’era una volta in America »!
« C’era una volta l’America » di Sergio Leone – 1984
Dans les années 80, un personnage haut en couleur va faire irruption dans le panorama audiovisuel italien. Profitant de la dérégulation du système décidée par le gouvernement Italien, et donc par la fin du monopole de la RAI sur la télévision, il va mettre en œuvre toute la puissance de son empire médiatique pour détourner l’attention des spectateurs de cinéma vers la télévision. Il va y être un peu aidé par l’envahissement des écrans de blockbusters hollywoodiens qui chassent des écrans les productions locales et par une récession économique qui provoque la réduction du nombre de spectateurs en salles. La télévision à l’italienne va devenir le point focal de tout ce qu’il y a de plus vulgaire, appellatif et totalement dénué de fondements culturels, où on n’hésite pas à passer de grands films classiques entrecoupés de messages publicitaires. Cette entreprise va réduire l’industrie cinématographique à sa plus simple expression. N’y survivront que les derniers feux des grands de ce monde (Fellini, Visconti, Rossellini, Antonioni,..) .
Michelangelo Antonioni
Mais, à l’exception de Fellini, les années 70 les verront disparaitre les uns après les autres. Fellini et Scola diront tout le mal qu’ils pensent de la télévision : tous deux partageaient l’idée que la télévision représente tout ce qui est l’opposé du cinéma : le téléspectateur est le maître de ce qu’il regarde ou veut bien regarder (il zappe à volonté) alors que le spectateur de cinéma est plongé dans un processus de vision commune du film qu’il vient voir dans l’obscurité complice d’une salle de cinéma (le « voir ensemble » comme disait Fellini !).
Le cinéma italien va pratiquement disparaître des radars pendant pratiquement 20 ans. Mais cette période n’a pas été forcement stérile, on y aura eu droit à quelques expressions cinématographiques remarquables mais le plus souvent météoriques. Dans les années 80-2000 de nombreux réalisateurs au talent prometteur vont apparaître et disparaître de ce décor. On retiendra surtout la révélation de réalisateurs engagés comme Nanni Moretti, Ermanno Olmi, Giuseppe Tornatore, Roberto Begnini, Marco Tullio Giordana.
Nanni Moretti : « Palombella rossa » – 1989
Au début des années 90, la consécration de Giuseppe Tornatore avec «Il nuovo Cinema Paradiso » mettra de nouveau en évidence la pouvoir créatif du cinéma italien.
Salvatore Cascio: « Nuovo cinema Paradiso » di Giuseppe Tornatore – 1988
On se souvient, entre autres, de « Mediterraneo » (Gabriele Salavatores), «Il Postino » (Massimo Troisi) , « La Vita è bella » (Roberto Begnini), « Caro Diario » ( Nanni Moretti). Et aussi de Bernardo Bertolucci («Piccolo Buddha », «L’ultimo imperatore» ).
Roberto Begnini
Au bout de la nuit, dans les années 2000, de nouvelles lois remettent en cause le système mis en place en 76. La RAI devient un producteur de cinéma à part entière et des bénéfices fiscaux de toute sorte permettent une décentralisation des sources de financement de la production au niveau des régions. Ce renouveau des sources et des moyens de production, la reprise en mains d’une télévision plus consciente de son pouvoir créateur et mobilisateur et l’arrivée du numérique vont permettre à une jeune génération de metteurs en scène de se former en plus grand nombre et en qualité et de nous donner une production moderne plus dense et plus diverse. A commencer, s’il fallait n’en citer qu’un, par « La meglio gioventù», qui est encore une fois une histoire de famille qui se déroule sur 40 ans d’histoire de l’Italie.
Rendez-vous à la Cinémathèque de Toulouse pour la Présentation du VOLUME 2 du Hors-série de RADICI – Revue d’actualité, culture et langue italiennes consacré au cinéma italien:
pour la présentation de son livre « La force du silence ». Petites notes sur le bruissement du monde » / jeudi 16 novembre, à 16h30, à la Librairie Ombres Blanches de Toulouse (rue Mirepoix). La rencontre sera animée par Jean-Yves Laurichesse, PR de Littérature française moderne et contemporaine à l’UT2J et sera accompagnée d’une lecture-projection sur le thème du silence.
autour de son premier roman « Camarade Lune », paru aux Éditions Cambourakis.
MARDI 17 OCTOBRE 2017 À 19H00à la librairie Terra Nova, (18 rue Gambetta).
« Camarade lune » / « Compagna Luna » écrit en prison, a été publié en Italie en 1998, puis réédité en 2013 (la Feltrinelli).
Nous vous l’avions déjà signalé le 14 sept. dernier, lorsque Francesca Vinciguerra en avait parlé dans l’émission Ciao Italia sur Occitanie Première:
BarbaraBalzerani est née en janvier 1949 à Colleferro. Au début des années 1960, elle a milité dans le mouvement » Potere Operaio » avant de rejoindre les Brigades rouges où elle faisait partie de l’équipe de la direction stratégique. Elle a vécu dans la clandestinité un certain nombre d’années avant d’être arrêtée en 1985 et condamnée à la prison à perpétuité. En 2011, elle a obtenu la liberté conditionnelle et a été définitivement libérée en 2016.